Ciao ragazzi, bentornati su CrossOver.
Oggi il mio intervento vuole essere un omaggio alle ultime preziose
vittorie del beach volley italiano di questo periodo: in odine cronologico l’oro dell’Italia alla Continental Cup di Montpellier ottenuto da donne e uomini (dove ho giocato con Laura), l’oro di Alex Ranghieri e Marco Caminati alla tappa del World Tour di Lucerna (con partenza dalle qualifiche) e l’oro fresco fresco dei gemelli Ingrosso che hanno appena trionfato a Jurmala, nella prima tappa Cev della stagione.
Ho qualche riflessione riguardo questi risultati sportivi.
Parto dal presupposto che per competere a questo livello bisogna lavorare tanto sia tecnicamente che fisicamente e che è necessario essere (e sentirsi) pronti per giocarsela con chi si è allenato come noi e più di noi: la preparazione tecnica, fisica e tattica ai tornei è fondamentale. Ciò che mi sento di aggiungere è che
se credi fermamente nelle tue capacità, se immagini nella tua mente quello che di buono può accadere, se sei bravo a sentirti all’ altezza di ogni situazione, se produci buone sensazioni riguardo il tuo obiettivo, se punto dopo punto, set dopo set, la tua fiducia aumenta fino a farti avvertire con ogni muscolo del tuo corpo che il tuo posto può essere lì, sul gradino più alto, beh… hai buone possibilità di riuscire. Non la certezza, attenzione, perché in uno sport di situazione il risultato non dipende solo da te, da ciò che fai e da come pensi, ma anche da altre variabili, tra cui la più importante: il tuo avversario. Però
ciò che è sotto la tua responsabilità è crearti le condizioni ottimali per esprimere il meglio (abbiamo il controllo sulle nostre azioni, non sui risultati), e una volta nel flusso...potresti diventare infermabile.
Un'altra riflessione riguarda la
magia della condivisione. Cosa resta dopo queste vittorie, oltre le prestigiose medaglie, la personalissima soddisfazione di avercela fatta e la grande voglia di farlo accadere di nuovo (perché accontentarsi sarebbe un errore imperdonabile)? Io credo le emozioni e la gioia delle persone che ci amano, coloro che ci stanno più vicino, che credono in noi… la nostra famiglia, gli amici più cari che si sono fatti i km per seguirci, i fidanzati, il nostro staff, le persone di cui ci siamo circondati per esprimere eccellenza, i fan. Le foto dei festeggiamenti, i commenti che esprimono le meravigliose sensazioni di una esperienza indimenticabile.
Questo è ciò che realizzano le vittorie: fanno circolare buona energia, realizzano sogni, donano speranza, felicità, emozioni, sorrisi e orgoglio a chi insieme a noi gioisce quando otteniamo qualcosa di importante e lotta al nostro fianco e ci sostiene nei momenti in cui dobbiamo stringere i denti.
Ed è giusto celebrare questi successi, questi traguardi. E’ una forma, a mio avviso, di rispetto verso il lavoro svolto e la giusta ricompensa per quello che di ottimo siamo riusciti ad ottenere.
Il nostro sport, in questo senso, è molto particolare e diverso dalla pallavolo che si gioca settimanalmente:
solo se vinci il torneo, non finisci il torneo perdendo una partita.
Mi spiego: un
risultato prestigioso come un 5°posto, ad esempio, finisce con una sconfitta (il mancato accesso alla semifinale). Un 9° posto internazionale, finisce con una sconfitta (il mancato accesso ai quarti). Quindi, per evitare che la frustrazione del risultato pianificato e non raggiunto intacchi il morale, è necessario trovare ogni volta le giuste gratificazioni a torneo concluso, valutando il torneo nel complesso e portando sempre a casa qualcosa di utile e positivo. Per questo è utile imparare a gioire della vita e del suo intero percorso verso le nostre prestigiose mete, non soltanto a competere.
A proposito di vittoria, consentitemi di aggiungere all’elenco iniziale anche
l’ufficialità della convocazione mia e di Daniela (insieme a Laura Giombini e Giulia Toti) ai primi giochi olimpici europei di Baku. Perché questa partecipazione è merito di scelte e investimenti fatti nella scorsa stagione, per non parlare del lavoro, degli allenamenti, della tenacia.
Io e Dani ci siamo, dopo 10 anni di carriera, e daremo il massimo. E per questa ennesima esperienza che ci aspetta, frutto di costanza e determinazione, siamo felici.
Vedete, il nostro è uno sport “povero”, competitivo, selettivo, e raggiungere il podio internazionale come alcuni nostri esponenti del movimento hanno fatto negli ultimi anni, non è affatto facile. Spesso, perdonatemi la generalizzazione, si manifesta la mentalità (tipicamente calcistica) che tende ad osannarti nelle vittorie e a giudicare aspramente le tue sconfitte, mentre io credo che esista una via più equilibrata come strada da perseguire: il sostegno incondizionato, perché la vita di uno sportivo va rispettata.
Lo sport ti lascia sognare, ti fa provare uno spettro di emozioni incredibili...ma spesso guardando le partite ci permettiamo di giudicare l’identità di un giocatore (ciò che è), piuttosto che il suo comportamento (ciò che fa).
Sono convinta che già solo decidere di praticare questa disciplina (in Italia attualmente siamo 6/8 donne e 8/10 uomini che lo fanno tutto l’anno, alcuni di noi a spese proprie) con l’obiettivo di portare i colori italiani in alto nel mondo sia una scelta degna di stima da parte del nostro pubblico. Immagino che sia naturale esporsi per ciò che si vede e si legge nelle statistiche, siamo atleti e sappiamo di essere sotto gli occhi di tutti per i nostri risultati. A me piace pensare però, che il pubblico voglia bene ai suoi giocatori non solo per le loro performance, ma perché hanno la capacità di considerare l’atleta nella sua interezza, completo di tutto il grande lavoro che c’è dietro al raggiungimento di una medaglia.
In questo mi sento fortunata e sono molto grata alle persone che ci stanno accanto e che sanno vedere anche il nostro cuore.
Alla prossima :)