Dall'articolo di Coaching Break di Giuseppe Montanari, del 22 Agosto 2013
http://www.coachingbreak.com/palla-e-cuore-cuore-a-palla
"Ultimo giovedì di ferie… da lunedì prossimo si riparte!
Ero tentato di fare un altro articolo “short”, ma poi mi arriva un messaggio su FB di un’atleta TOP che mi dice una cosa tipo “Ho buttato giù un po’ di cose e ho pensato al tuo blog, ti va di leggerlo?”.
Eh bè… che domande sono!
Letto, piaciuto e risposto una cosa tipo: “Dammi il titolo e giovedì sei on-line”.
Detto – Fatto!
Lei è una che la vita la prende a PALLATE, lei è un’atleta di livello nazionale ed internazionale…
… ladies and gentlemen: Giulia Momoli."
Periodo strano per me, costellato di alti e bassi.
Mi sento come sulle montagne russe, che peraltro non amo. Momenti in cui fremi per comprare il biglietto e salire sulla giostra, arriva il tuo turno, ti sistemi e parte la corsa. Attimi in cui ti gusti il panorama, poi sale la tensione, attimi dove l’adrenalina è al massimo, attimi nei quali ti manca il fiato, attimi in cui, dopo essere andato su e giù, dici “Ce l’ho fatta, che figata!”.
Cosi è per me: giorni in cui mi godo ogni singolo passo e mi sento la persona più felice, ricca e fortunata del mondo; giorni in cui avverto il potere di fare qualsiasi cosa nelle mie mani e dove pensieri e azioni sono coerenti tra loro.
Ogni risorsa, ogni possibile strada sono illuminate davanti a me… io sono in connessione e in pace con le persone, con la natura, con l’energia dell’universo che tutto invade.
E giorni in cui, invece, mi rendo conto che non aver raggiunto il mio obiettivo, non essere ancora tornata in campo, pesa nello stomaco più di qualsiasi cosa. Le scadenze per rientrare che mi ero posta continuano ad essere rimandate e le domande più sciocche si impossessano del mio focus mentale: “Perchè Gino (soprannome dato al mio ginocchio) non guarisce?
Che cosa vuole dirmi questa situazione?
Che cosa sto facendo di sbagliato?
Che cosa non ho fatto di indispensabile, di importante?
Dovevo impegnarmi di più? Come?
E inizi a vagare nell’incertezza: quanto mi manca ancora?
Con chi giocherò al mio ritorno?
Quale sarà il prossimo torneo che potrò disputare?
La nazionale mi confermerà tra le sue atlete?
Faccio bene ad ostinarmi cosi?
Non starò perdendo del tempo prezioso che potrei dedicare ad altre attività?”.
E per uscire da questo stato cambi pensieri, immagini, domande: “Voglio resistere, tutto questo mi servirà.
Porta pazienza, manca poco.
Lavora con fiducia capirai presto qual è il tuo disegno.
Continua a dare e fare il massimo, continua a pensare che questo amore e questa dedizione verranno premiati in qualche modo, in qualche forma”.
E poi ancora: “Cosa ti insegna tutto questo?
Come posso tornare più forte di prima, come persona e come atleta?
Quali altre risorse mi servono per raggiungere i miei scopi?”
…
E ti vedi mentre fai brillantemente quello che sai fare meglio… e senti nel profondo che hai fatto il tuo massimo in quel momento, in quella situazione, anche quando hai pianto di nascosto e sei rimasta a letto tutto il pomeriggio, priva dell’energia che ti contraddistingue.
E ricominci con entusiasmo… per poi cadere qualche ora dopo perché il dolore ha fermato l’ennesimo allenamento, o il medico ti ha dato una diversa indicazione o perché non hai idea di un tuo programma futuro, anche immediato.
Cadi e ti rialzi, cadi e ti rialzi, cadi e ti rialzi… e ogni volta che cadi ti fai più male e ogni volta che ti rialzi sei più agguerrito, determinato e disposto a combattere… Ti circondi dei libri giusti, di persone potenzianti, cambi strategia, routine, alimentazione, ti nutri di albe e tramonti, respiri, mediti… e cadi di nuovo e di nuovo ti rialzi… fino a che il tuo corpo decide di manifestare all’esterno la stanchezza di questa lotta, questo stress.
In questi casi molte persone cominciano a sentire la pressione dell’ansia… e io non ho fatto eccezione.
Pensi: “Cavolo io so come funziona, so che certe immagini mi possono far scattare determinate sensazioni, so che questo dialogo interno non mi porta a niente di buono, so come dovrei fare per smettere”.
E, oltre a questo malessere, ti vergogni perché ti senti poco coerente con la persona e il coach che desideri essere.
Ti dici: “Ok, tu vuoi aiutare le altre persone ad avere il controllo dei propri pensieri per vivere sempre al top, e tu per prima, nonostante le tecniche che ora sono a tua disposizione, non stai interrompendo questo meccanismo”.
Quando sei dentro alla situazione fatichi ad essere oggettivo, ed è il momento in cui anche il coach ha bisogno di un coach… in questo caso ho fatto la cosa forse più complessa di tutte… l’ho fatto a me stessa. Volevo riuscirci da sola.
Potevo continuare ad accusarmi di non essere all’altezza, ad infierire sulla mia autostima… invece poi… una notte, mi sono guardata allo specchio, stanca di provare queste emozioni distruttive che non voglio facciano parte di me, stanca di sentirmi sola anche se non lo sono e stanca di comportarmi da vittima di una situazione che non posso completamente controllare, ma che devo, semplicemente accettare.
E ho rigirato la questione a mio favore.
“Pensa a quando incontrerai delle persone in grande difficoltà, pensa a quando ti diranno che si sentono nella m… fino al collo, anzi fino al naso, avendo la sensazione di soffocare. Pensa a quanto si sentiranno capite, pensa la speranza che potrai dare loro solo guardandole negli occhi perché tu sai di che cosa si tratta e sai, per certo, che è solo un passaggio, pensa a come sarai in grado di aiutarle attraverso la tua esperienza e tutto ciò che hai imparato sulla tua pelle”.
E mi sono perdonata per tutte le pretese che ho avuto nei miei confronti in questi ultimi 6 mesi, per la pressione alla quale mi sono sottoposta.
Per le responsabilità che mi sono assunta in termini di scelte mediche; per aver protetto e allentato, facendomene carico, la preoccupazione e il dispiacere di non vedermi in campo di chi mi ama, soprattutto della mia famiglia.
Mi sono complimentata con me stessa per il coraggio che ho avuto nell’affrontare questo infortunio, per tutte le volte in cui mi sono comportata “come se…” fosse tutto veramente ok, nonostante mi mancasse l’ossigeno che lo sport mi ha dato nei miei ultimi 24 anni.
Ho chiuso gli occhi e ho viaggiato nella mia linea del tempo, più avanti, nel futuro. Non sono riuscita a vedere immagini chiare di questo epilogo, non so che cosa succederà, ma mi sono percepita più felice, più evoluta, più serena, più pronta.
È un po’ come su un navigatore: imposti la meta e parti.
Mentre stai viaggiando, dalla schermata vedi la posizione in cui ti trovi e poco oltre; poi segui la voce che ti guida con le indicazioni.
Se vuoi avere un’idea più generale e completa della navigazione schiacci il tastino, allarghi il campo e ottieni la panoramica dell’intero percorso fino a destinazione.
Ho visto la vita attraverso questa metafora: la mia attenzione è sul presente e i movimenti che faccio sono guidati dalla mia voce interiore, verso un obiettivo.
Puoi sbagliare strada, ma il navigatore ti rielabora il percorso e ti rimette nel giusto cammino. A volte si incastra, ma quando sai dove devi arrivare il modo lo trovi, anche se si tratta di perderci un po’ più di tempo e consumare più benzina.
Se sei veramente fico puoi anche visionare il traffico, grazie ai colori verde, giallo e rosso che mostrano lo stato della strada, dove verde indica che tutto è pulito e rosso la piena congestione.
Così, rimpicciolisco l’immagine in modo da poter guardare l’intero percorso e capisco che questo mio sfidante periodo non è altro che un breve tratto rosso lungo la lunga linea verde che rappresenta la mia vita futura.
Si tratta di una fase, un intoppo passeggero, qualche chilometro in percorsi differenti che possono riservare piacevoli sorprese.
Un po’ di pazienza… poi la strada tornerà a scorrere, la musica a suonare, l’aria a scompigliarti i capelli… verso nuovi traguardi e meravigliose vittorie.
Verso la migliore versione possibile di me.
Keep dreaming… Keep growing.
Giulia.
http://www.coachingbreak.com/palla-e-cuore-cuore-a-palla
"Ultimo giovedì di ferie… da lunedì prossimo si riparte!
Ero tentato di fare un altro articolo “short”, ma poi mi arriva un messaggio su FB di un’atleta TOP che mi dice una cosa tipo “Ho buttato giù un po’ di cose e ho pensato al tuo blog, ti va di leggerlo?”.
Eh bè… che domande sono!
Letto, piaciuto e risposto una cosa tipo: “Dammi il titolo e giovedì sei on-line”.
Detto – Fatto!
Lei è una che la vita la prende a PALLATE, lei è un’atleta di livello nazionale ed internazionale…
… ladies and gentlemen: Giulia Momoli."
Periodo strano per me, costellato di alti e bassi.
Mi sento come sulle montagne russe, che peraltro non amo. Momenti in cui fremi per comprare il biglietto e salire sulla giostra, arriva il tuo turno, ti sistemi e parte la corsa. Attimi in cui ti gusti il panorama, poi sale la tensione, attimi dove l’adrenalina è al massimo, attimi nei quali ti manca il fiato, attimi in cui, dopo essere andato su e giù, dici “Ce l’ho fatta, che figata!”.
Cosi è per me: giorni in cui mi godo ogni singolo passo e mi sento la persona più felice, ricca e fortunata del mondo; giorni in cui avverto il potere di fare qualsiasi cosa nelle mie mani e dove pensieri e azioni sono coerenti tra loro.
Ogni risorsa, ogni possibile strada sono illuminate davanti a me… io sono in connessione e in pace con le persone, con la natura, con l’energia dell’universo che tutto invade.
E giorni in cui, invece, mi rendo conto che non aver raggiunto il mio obiettivo, non essere ancora tornata in campo, pesa nello stomaco più di qualsiasi cosa. Le scadenze per rientrare che mi ero posta continuano ad essere rimandate e le domande più sciocche si impossessano del mio focus mentale: “Perchè Gino (soprannome dato al mio ginocchio) non guarisce?
Che cosa vuole dirmi questa situazione?
Che cosa sto facendo di sbagliato?
Che cosa non ho fatto di indispensabile, di importante?
Dovevo impegnarmi di più? Come?
E inizi a vagare nell’incertezza: quanto mi manca ancora?
Con chi giocherò al mio ritorno?
Quale sarà il prossimo torneo che potrò disputare?
La nazionale mi confermerà tra le sue atlete?
Faccio bene ad ostinarmi cosi?
Non starò perdendo del tempo prezioso che potrei dedicare ad altre attività?”.
E per uscire da questo stato cambi pensieri, immagini, domande: “Voglio resistere, tutto questo mi servirà.
Porta pazienza, manca poco.
Lavora con fiducia capirai presto qual è il tuo disegno.
Continua a dare e fare il massimo, continua a pensare che questo amore e questa dedizione verranno premiati in qualche modo, in qualche forma”.
E poi ancora: “Cosa ti insegna tutto questo?
Come posso tornare più forte di prima, come persona e come atleta?
Quali altre risorse mi servono per raggiungere i miei scopi?”
…
E ti vedi mentre fai brillantemente quello che sai fare meglio… e senti nel profondo che hai fatto il tuo massimo in quel momento, in quella situazione, anche quando hai pianto di nascosto e sei rimasta a letto tutto il pomeriggio, priva dell’energia che ti contraddistingue.
E ricominci con entusiasmo… per poi cadere qualche ora dopo perché il dolore ha fermato l’ennesimo allenamento, o il medico ti ha dato una diversa indicazione o perché non hai idea di un tuo programma futuro, anche immediato.
Cadi e ti rialzi, cadi e ti rialzi, cadi e ti rialzi… e ogni volta che cadi ti fai più male e ogni volta che ti rialzi sei più agguerrito, determinato e disposto a combattere… Ti circondi dei libri giusti, di persone potenzianti, cambi strategia, routine, alimentazione, ti nutri di albe e tramonti, respiri, mediti… e cadi di nuovo e di nuovo ti rialzi… fino a che il tuo corpo decide di manifestare all’esterno la stanchezza di questa lotta, questo stress.
In questi casi molte persone cominciano a sentire la pressione dell’ansia… e io non ho fatto eccezione.
Pensi: “Cavolo io so come funziona, so che certe immagini mi possono far scattare determinate sensazioni, so che questo dialogo interno non mi porta a niente di buono, so come dovrei fare per smettere”.
E, oltre a questo malessere, ti vergogni perché ti senti poco coerente con la persona e il coach che desideri essere.
Ti dici: “Ok, tu vuoi aiutare le altre persone ad avere il controllo dei propri pensieri per vivere sempre al top, e tu per prima, nonostante le tecniche che ora sono a tua disposizione, non stai interrompendo questo meccanismo”.
Quando sei dentro alla situazione fatichi ad essere oggettivo, ed è il momento in cui anche il coach ha bisogno di un coach… in questo caso ho fatto la cosa forse più complessa di tutte… l’ho fatto a me stessa. Volevo riuscirci da sola.
Potevo continuare ad accusarmi di non essere all’altezza, ad infierire sulla mia autostima… invece poi… una notte, mi sono guardata allo specchio, stanca di provare queste emozioni distruttive che non voglio facciano parte di me, stanca di sentirmi sola anche se non lo sono e stanca di comportarmi da vittima di una situazione che non posso completamente controllare, ma che devo, semplicemente accettare.
E ho rigirato la questione a mio favore.
“Pensa a quando incontrerai delle persone in grande difficoltà, pensa a quando ti diranno che si sentono nella m… fino al collo, anzi fino al naso, avendo la sensazione di soffocare. Pensa a quanto si sentiranno capite, pensa la speranza che potrai dare loro solo guardandole negli occhi perché tu sai di che cosa si tratta e sai, per certo, che è solo un passaggio, pensa a come sarai in grado di aiutarle attraverso la tua esperienza e tutto ciò che hai imparato sulla tua pelle”.
E mi sono perdonata per tutte le pretese che ho avuto nei miei confronti in questi ultimi 6 mesi, per la pressione alla quale mi sono sottoposta.
Per le responsabilità che mi sono assunta in termini di scelte mediche; per aver protetto e allentato, facendomene carico, la preoccupazione e il dispiacere di non vedermi in campo di chi mi ama, soprattutto della mia famiglia.
Mi sono complimentata con me stessa per il coraggio che ho avuto nell’affrontare questo infortunio, per tutte le volte in cui mi sono comportata “come se…” fosse tutto veramente ok, nonostante mi mancasse l’ossigeno che lo sport mi ha dato nei miei ultimi 24 anni.
Ho chiuso gli occhi e ho viaggiato nella mia linea del tempo, più avanti, nel futuro. Non sono riuscita a vedere immagini chiare di questo epilogo, non so che cosa succederà, ma mi sono percepita più felice, più evoluta, più serena, più pronta.
È un po’ come su un navigatore: imposti la meta e parti.
Mentre stai viaggiando, dalla schermata vedi la posizione in cui ti trovi e poco oltre; poi segui la voce che ti guida con le indicazioni.
Se vuoi avere un’idea più generale e completa della navigazione schiacci il tastino, allarghi il campo e ottieni la panoramica dell’intero percorso fino a destinazione.
Ho visto la vita attraverso questa metafora: la mia attenzione è sul presente e i movimenti che faccio sono guidati dalla mia voce interiore, verso un obiettivo.
Puoi sbagliare strada, ma il navigatore ti rielabora il percorso e ti rimette nel giusto cammino. A volte si incastra, ma quando sai dove devi arrivare il modo lo trovi, anche se si tratta di perderci un po’ più di tempo e consumare più benzina.
Se sei veramente fico puoi anche visionare il traffico, grazie ai colori verde, giallo e rosso che mostrano lo stato della strada, dove verde indica che tutto è pulito e rosso la piena congestione.
Così, rimpicciolisco l’immagine in modo da poter guardare l’intero percorso e capisco che questo mio sfidante periodo non è altro che un breve tratto rosso lungo la lunga linea verde che rappresenta la mia vita futura.
Si tratta di una fase, un intoppo passeggero, qualche chilometro in percorsi differenti che possono riservare piacevoli sorprese.
Un po’ di pazienza… poi la strada tornerà a scorrere, la musica a suonare, l’aria a scompigliarti i capelli… verso nuovi traguardi e meravigliose vittorie.
Verso la migliore versione possibile di me.
Keep dreaming… Keep growing.
Giulia.