Bentrovati a tutti! Questo mese vi racconto della piacevole esperienza siciliana che ci ha visto protagonisti dal 18 al 23 ottobre al centro federale Le Capannine di Catania.
Due coppie femminili e due maschili hanno rappresentato l’Italia partecipando, insieme a Marocco e Tunisia, al primo stage internazionale del progetto di sviluppo del Beach Volley nei paesi Nord Africani. Responsabile del progetto ideato dall’ FIVB, che ha incaricato la FIPAV per l’organizzazione è Renato Arena, delegato FIVB che ricopre anche la carica di Vice Presidente della CEV.
La settimana di lavoro, capitanata da Matteo Varnier e Glauco Ranocchi è stata quindi il primo step verso l’obiettivo di sviluppare il beach volley e la pallavolo indoor nei paesi del Nord Africa. Il centro federale “Le Capannine” ci ha messo a disposizione tutto il necessario per lavorare serenamente e la grande disponibilità di Pippo Leone, Bruno Proietto e Andrea Lo Presti hanno fatto sì che noi atleti potessimo concentrarci unicamente sul lavoro in campo. Ilclima è stato assolutamente favorevole, Catania ci ha riservato un bellissimo sole: pensate che abbiamo fatto il bagno fino al 21 ottobre!
Compagna di allenamento e del torneo interno che ci ha viste vincitrici, Giulia Toti, atleta romana, ma di casa a “Le Capannine” dato che durante la stagione estiva si allenava proprio lì con Graziella Lo Re. Sono contenta di aver giocato con Giulia, oltre l’impegno profuso in campo ha avuto sempre un atteggiamento positivo e professionale ed era tangibile la sua emozione di vestire la maglia azzurra in questo appuntamento. Mi sono rivista in lei nella passione che ha manifestato quando Glauco le ha consegnato la sua prima tuta Diadora targata Italia Beach Volleyball Team. Certi momenti non si scordano mai J
6 coppie di uomini e 5 di donne, due campi di allenamento , una doppia seduta tecnica al giorno in due turni di lavoro in modo che ognuno si potesse allenare al meglio. Mentre Matteo Varnier era il tecnico dei maschi, il nostro responsabile è stato Glauco Ranocchi. Pur essendo famoso per essere eclettico e saper ricoprire più ruoli, Glauco non è un tecnico di beach volley, (ancora... La sua arma segreta sono le battute corte, vi avviso!)quindi mi ha chiesto una mano nello svolgimento degli allenamenti. Matteo preparava gli esercizi per i due gruppi e io li spiegavo alle ragazze facendoli eseguire, adattandoli alle coppie, ai momenti e a ciò che notavo. Per me è stato un momento formativo importante, poter contribuire come coach è stato impegnativo e molto divertente.Gli allenamenti tecnici avevano l’obiettivo di fornire alle squadre straniere e ai loro allenatori degli strumenti di base, delle conoscenze, degli esercizi e degli spunti iniziali su cui sviluppare il loro futuro lavoro. Alcune delle ragazze avevano giocato a pallavolo quindi le prime ore di allenamento sono servite a porre l’attenzione sulle differenze tra un gioco e un altro.
Compagna di allenamento e del torneo interno che ci ha viste vincitrici, Giulia Toti, atleta romana, ma di casa a “Le Capannine” dato che durante la stagione estiva si allenava proprio lì con Graziella Lo Re. Sono contenta di aver giocato con Giulia, oltre l’impegno profuso in campo ha avuto sempre un atteggiamento positivo e professionale ed era tangibile la sua emozione di vestire la maglia azzurra in questo appuntamento. Mi sono rivista in lei nella passione che ha manifestato quando Glauco le ha consegnato la sua prima tuta Diadora targata Italia Beach Volleyball Team. Certi momenti non si scordano mai J
6 coppie di uomini e 5 di donne, due campi di allenamento , una doppia seduta tecnica al giorno in due turni di lavoro in modo che ognuno si potesse allenare al meglio. Mentre Matteo Varnier era il tecnico dei maschi, il nostro responsabile è stato Glauco Ranocchi. Pur essendo famoso per essere eclettico e saper ricoprire più ruoli, Glauco non è un tecnico di beach volley, (ancora... La sua arma segreta sono le battute corte, vi avviso!)quindi mi ha chiesto una mano nello svolgimento degli allenamenti. Matteo preparava gli esercizi per i due gruppi e io li spiegavo alle ragazze facendoli eseguire, adattandoli alle coppie, ai momenti e a ciò che notavo. Per me è stato un momento formativo importante, poter contribuire come coach è stato impegnativo e molto divertente.Gli allenamenti tecnici avevano l’obiettivo di fornire alle squadre straniere e ai loro allenatori degli strumenti di base, delle conoscenze, degli esercizi e degli spunti iniziali su cui sviluppare il loro futuro lavoro. Alcune delle ragazze avevano giocato a pallavolo quindi le prime ore di allenamento sono servite a porre l’attenzione sulle differenze tra un gioco e un altro.
Le ragazze africane ad esempio, tendevano a ricevere o difendere la palla alla compagna (come si usa fare nella pallavolo dove si cerca il palleggiatore), mentre nel beach volley l’obiettivo è mettere la palla di fronte a sé (nel proprio quadrante, ovvero la propria zona di campo) ed è il compagno che con il tempo d’ingresso giusto deve avvicinarsi alla palla per poi effettuare l’alzata.
Altro aspetto su cui abbiamo messo attenzione era il movimento di ingresso che facevano per andare ad alzare, anche quello stile palleggiatore in penetrazione, che nel beach volley invece è un avvicinarsi verso la ricezione con il giusto tempo, pochi passi e mettendo il peso sulla gamba più vicina alla rete (che sta avanti all’altra come in un affondo). Insieme a questo abbiamo corretto la posizione con cui si effettua l’alzata: mentre nella pallavolo è contemplato anche il bagher laterale per alzare al compagno, nel beach volley la posizione deve essere quanto più pulita e in equilibrio possibile (per contrastare il vento e rendere il movimento tecnico sempre uguale)e le spalle prima dell’impatto con la palla devono già “guardare l’astina”.
Oppure in attacco si aspettavano la palla in un determinato punto, ancora come accade nella pallavolo quando chiami un pallone e sai che il tuo palleggiatore te lo metterà più o meno precisamente lì. Nel beach invece bisogna sempre relazionarsi con la ricezione, con il compagno e con il vento e lo schema di attacco (la chiamata) viene scelto nel modo più funzionale possibile ad effettuare un colpo efficace. Per poter fare una rincorsa fluida ed esplosiva è necessario mettere il nostro alzatore nelle migliori condizioni possibili dando qualità alla nostra ricezione; se questo non accade o l’alzata è imprecisa bisogna essere pronti a compensare. Questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato: l’aiuto reciproco che si mette in campo per poter neutralizzare gli errori del compagno. E’ naturale che ognuno faccia del suo meglio per fare le cose bene, ma quando ci sono delle imprecisioni, immaginiamo in ricezione, il tuo compagno sa che deve dare di più nell’alzata per ristabilire equilibrio, e tu di conseguenza darai il massimo per premiarlo e per concretizzare in un punto quell’alzata partita magari da una ricezione orribile!
Essendoci solo due persone in campo la qualità del primo tocco di squadra (ricezione e alzata) è fondamentale per una buona preparazione del punto. Noi passiamo molte ore ad allenare questo aspetto, perché ricezione o appoggio e alzata sono le basi su cui si costruisce il gioco, sono le basi delle tue sicurezze.
L’intento è stato di dare un’infarinatura generale dei movimenti tecnici di base del beach volley: abbiamo lavorato sulla geometria di gioco (come ci relazioniamo in campo con la palla e il compagno), sull’importanza delle chiamate e sul rendere il gioco più “pulito possibile” nei movimenti. Abbiamo allenato anche la fase break con esercizi sullo stacco, sulla battuta, sulle uscite difensive e sulla correlazione tra il giocatore di muro e quello di difesa.
Oppure in attacco si aspettavano la palla in un determinato punto, ancora come accade nella pallavolo quando chiami un pallone e sai che il tuo palleggiatore te lo metterà più o meno precisamente lì. Nel beach invece bisogna sempre relazionarsi con la ricezione, con il compagno e con il vento e lo schema di attacco (la chiamata) viene scelto nel modo più funzionale possibile ad effettuare un colpo efficace. Per poter fare una rincorsa fluida ed esplosiva è necessario mettere il nostro alzatore nelle migliori condizioni possibili dando qualità alla nostra ricezione; se questo non accade o l’alzata è imprecisa bisogna essere pronti a compensare. Questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato: l’aiuto reciproco che si mette in campo per poter neutralizzare gli errori del compagno. E’ naturale che ognuno faccia del suo meglio per fare le cose bene, ma quando ci sono delle imprecisioni, immaginiamo in ricezione, il tuo compagno sa che deve dare di più nell’alzata per ristabilire equilibrio, e tu di conseguenza darai il massimo per premiarlo e per concretizzare in un punto quell’alzata partita magari da una ricezione orribile!
Essendoci solo due persone in campo la qualità del primo tocco di squadra (ricezione e alzata) è fondamentale per una buona preparazione del punto. Noi passiamo molte ore ad allenare questo aspetto, perché ricezione o appoggio e alzata sono le basi su cui si costruisce il gioco, sono le basi delle tue sicurezze.
L’intento è stato di dare un’infarinatura generale dei movimenti tecnici di base del beach volley: abbiamo lavorato sulla geometria di gioco (come ci relazioniamo in campo con la palla e il compagno), sull’importanza delle chiamate e sul rendere il gioco più “pulito possibile” nei movimenti. Abbiamo allenato anche la fase break con esercizi sullo stacco, sulla battuta, sulle uscite difensive e sulla correlazione tra il giocatore di muro e quello di difesa.
Quello che accade quando si inizia a giocare a beach volley è che si corre tantissimo. Ricordo i miei primi allenamenti con la nazionale sulla sabbia: correvo come una matta e vedevo Lucilla Perrotta e Daniela Gattelli che si muovevano dopo di me, ma che erano più efficaci ed ordinate…e facevano molta meno fatica! :P
In questo sport è importante essere tecnici sia per evitare movimenti inutili, sia per essere in equilibrio prima di toccare il pallone. E’ inoltre fondamentalerecuperare subito la posizione: immaginate di fare una grande difesa, o un salvataggio; l’obiettivo non è solo non far cadere la palla, l’obiettivo è che tu stesso (salvo rari casi in cui il tuo compagno gioca di seconda intenzione)metta a terra la palla che hai recuperato. La difesa diventa quindi l’occasione che ti crei per fare il punto, come nella pallavolo, ma con la differenza che non saranno altri compagni a concretizzare l’opportunità, ma tu stesso.
Gli ultimi 3 giorni sono stati dedicati ad un torneo, per mettere subito in pratica le cose analizzate. Devo riconoscere che già dopo pochi allenamenti le ragazze erano più ordinate in campo.
Il collegiale è stato produttivo: le squadre ospiti, allenatori e dirigenti inclusi hanno vissuto l’esperienza come se fossero “a scuola di beach volley”, e ho apprezzato molto l’impegno e l’attenzione che hanno messo in campo per apprendere quanto più possibile. Da parte della delegazione italiana massimaresponsabilità perché sapevamo di essere osservati e di dover dare il buon esempio per chi si sta approcciando a questo sport. L’idea che sia l’Italia a contribuire allo sviluppo di questo splendido sport in Africa mi ha appassionato subito: siamo una nazione che in campo internazionale si fa sentire, sia nel beach volley che nella pallavolo, e trovo che sia idonea la posizione di guida e di affiancamento ai paesi che hanno l’interesse di crescere. Catania, inoltre, è un buon punto di incontro tra noi nazione vicine, favorevole sia per location, che per le strutture disponibili, che per il clima.
Oltre al beach volley la settimana è da segnalare anche per i seguenti motivi:
- Il sabato sera è stato fatto venire un pizzaiolo che ha preparato la pizza per tutti, Ennio, che è stato così gentile da esaudire la mia richiesta di lasciarmi preparare la prima pizza!- Salvina, cuoca gentilissima e molto disponibile a venire incontro alle nostre esigenze e Orazio, mitico direttore di sala.
- L’appuntamento serale prima di cena in sala ristorante per guardare CSI. Onestamente non sono appassionata di tv, ma devo dire che è stato divertente guardare CSI ascoltando gli interventi di Agata, appassionata di criminologia, e di Giada e Giulia che conoscevano ogni particolare dei protagonisti e si divertivano ad imitare Horatio Caine J
- Insieme al simpaticissimo Pippo Leone abbiamo fatto un giro per Catania e siamo stati viziati dagli assaggi dei manicaretti locali… per quanto mi riguarda i cannoli al primo posto…tanto che ne ho anche portati a casa un vassoio da far assaggiare a Marco e famiglia.
- -La scoperta del gioco “L’assassino”. Lo conoscete? Ok, ve lo spiego!! Si fanno dei bigliettini quanti sono i presenti al tavolo, su ogni bigliettino si scrive “persona” tranne su due perché su uno si scriverà “assassino” e sull’altro “detective”. Ogni giocatore estrae il suo bigliettino e scopre il suo ruolo senza informare gli altri. Il detective invece è l’unico che deve manifestarsi. Lo scopo dell’assassino è quello di non farsi scoprire e catturare dal detective e di uccidere tutti i componenti del gioco. Come? Facendo l’occhiolino! :-D
Il detective dovrà individuarlo per arrestarlo e le vittime…colpite dall’occhiolino dovranno annunciare “Sono morto!”. Vi garantisco che le risate sono assicurate!!
-Le sedute di Risiko, alle quali non ho partecipato, e che hanno appassionato soprattutto i maschietti italiani… avidi conquistatori del mondo!
Insomma, è stata una bella settimana di beach volley, di aggregazione e di ripasso per l’inglese!
Ora torno a studiare…il mio esame finale per diventare Mental Coach si avvicina!
Ora torno a studiare…il mio esame finale per diventare Mental Coach si avvicina!
Un super abbraccio a tutti e a prestissimo,
Momi
www.giuliamomoli.blogspot.it
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