Da qualche giorno abito nella casa di una signora anziana che da tre mesi non c'è più.
Sua figlia ha tolto quasi tutte le sue cose, ma tra queste stanze è ancora forte e viva la sua presenza.
Sua figlia ha tolto quasi tutte le sue cose, ma tra queste stanze è ancora forte e viva la sua presenza.
Ho imparato cosa cucinava più spesso e quali erano i suoi utensili preferiti, osservando quanto sono usurati.
So quali tazze amava, che piatti usava ogni giorno e quali invece teneva pronti per la festa.
Ho capito da che parte del letto dormiva, perché nel comodino di quel lato l'abat jour è funzionante. L'altra no, non ha nemmeno la lampadina.
Sento la fatica che faceva ogni giorno ad aprire la tapparella del salotto, che non riesce a scorrere bene come le altre e facendo attrito risulta più pesante.
Immagino la sensazione di benessere che provava quando si faceva un bagno grazie all'acqua subito calda che esce dalla vasca.
Conosco il suo senso di solitudine, che durante le buie sere attenuava guardando forse qualche canale regionale in TV e, certamente, recitando e leggendo le sue preghiere.
Mi sono abituata al ticchettio del suo orologio da cucina rumoroso, quei tipici suoni che o ami o odi e che probabilmente a lei faceva compagnia.
Ho appreso la sua pratica di chiudere a chiave, prima di dormire, anche la porta che da sulle stanze da letto. Un gesto prudente, che probabilmente serve a poco, ma che ha tacitamente invitato a fare anche a me.
So quali tazze amava, che piatti usava ogni giorno e quali invece teneva pronti per la festa.
Ho capito da che parte del letto dormiva, perché nel comodino di quel lato l'abat jour è funzionante. L'altra no, non ha nemmeno la lampadina.
Sento la fatica che faceva ogni giorno ad aprire la tapparella del salotto, che non riesce a scorrere bene come le altre e facendo attrito risulta più pesante.
Immagino la sensazione di benessere che provava quando si faceva un bagno grazie all'acqua subito calda che esce dalla vasca.
Conosco il suo senso di solitudine, che durante le buie sere attenuava guardando forse qualche canale regionale in TV e, certamente, recitando e leggendo le sue preghiere.
Mi sono abituata al ticchettio del suo orologio da cucina rumoroso, quei tipici suoni che o ami o odi e che probabilmente a lei faceva compagnia.
Ho appreso la sua pratica di chiudere a chiave, prima di dormire, anche la porta che da sulle stanze da letto. Un gesto prudente, che probabilmente serve a poco, ma che ha tacitamente invitato a fare anche a me.
E ho imparato il suo nome, perché ogni volta che i vicini mi danno il benvenuto nel palazzo, tra la curiosità e la meravigliosa gentilezza che manifestano, noto una luce di malinconia nei loro occhi appena ricordano che: "Sei Giulia, la ragazza che vive da Luciana".
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