Alto contatto

“Hai un bimbo piccino e stai imparando a conoscerlo. La prima cosa che salta all'occhio, che è impossibile ignorare è il suo bisogno di starti vicino. Ma proprio vicino vicino. I neonati amano stare in braccio alla mamma. E al papà, certo. Questo vale quando sono svegli e anche quando dormono. Come dormono bene i bambini piccoli piccoli “spalmati” sul petto della loro mamma? E fin qui, niente di nuovo. O di strano. In braccio alla mamma, al seno della mamma, con la mamma che gli parla, che canta per loro, che li culla, i bambini piccoli stanno proprio bene. A volte piangono comunque, eh. Sono irrequieti, a disagio. Ma generalmente se un genitore li culla, li abbraccia, li conforta, piangono un po' meno, pian piano si calmano e si addormentano. Insomma, quello che scopre la maggior parte dei neogenitori è che il loro bambino è diverso dai bambini della pubblicità, quelli che dormono beati nelle loro carrozzine, sdraiette, cullette e da svegli se ne restano lì sereni, magari per un bel po' di tempo, senza un lamento. Ma come mai? Come mai, per dirla senza mezzi termini, il nostro neonato vuole stare sempre “addosso”? Vuole la mamma, praticamente sempre, tanto che nei primi giorni a casa, è già un bel risultato riuscire a farsi una doccia? La risposta che ci arriva dall'esterno, ovvero da parenti, amici, conoscenti e sconosciuti incontrati per strada (perché si sa, quando nasce un bambino tutti si sentono in dovere di dire la loro), in molti casi è la seguente: “è viziato”. Ed è viziato, a parer del mondo, a causa nostra, perché noi mamme inesperte se non addirittura un po' incapaci, lo abbiamo viziato. “Ha preso il vizio delle braccia”. “Vuol sempre poppare, è diventato un vizio”. “Gli hai dato il vizio di addormentarsi in braccio”. E non è tutto. Ce n'è anche per il neonato. Che viene definito un gran furbetto. Tutto vizi e capricci. E chissà come crescerà... un mammone, quanto meno. Non autonomo, non indipendente. Ma pensa un po'. Che strana è diventata la nostra società. Una società tutta al contrario. Che non conosce più i bambini, che sembra aver dimenticato che un bimbo appena nato è un cucciolo e che tutti i cuccioli hanno bisogno dei loro genitori per sopravvivere. Hanno bisogno di averli vicino, di stare tra le loro braccia, di dormire loro accanto. E così, quella che è un'esigenza primordiale, che fa parte del corredo genetico di ogni neonato, oggi come ieri, come tremila anni fa, è stata etichettata come vizio. Quando i vizi, diciamolo, son ben altri. Abbiamo dimenticato o ignoriamo del tutto che alla nascita i nostri bambini sono immaturi e hanno bisogno di ritrovare le condizioni sperimentate nei nove mesi precedenti per crescere e stare bene. Hanno bisogno di sentirsi contenuti, sostenuti, protetti. Non sono pronti per stare lontani dalla mamma. Per stare buoni e zitti nelle loro carrozzine e cullette. Possono starci un pochino, magari. Qualcuno un po' di più, qualcuno neanche un secondo. Perché si sa, i bambini sono tutti diversi. Ma per quanto diversi, tutti cercano il contatto con la loro mamma. Quindi... Non fanno niente di strano i neonati che vogliono stare sempre in braccio o si calmano solo in braccio o si addormentano solo in braccio. Sono... neonati. E, lo ribadiamo, non stanno in braccio perché la loro mamma li ha abituati così. Stanno in braccio perché fino a poco prima stavano nella pancia. Erano un tutt'uno con lei. Una simbiosi perfetta che non si può interrompere così, da un giorno all'altro, in modo brusco solo perché il bimbo è nato. Anzi, catapultato in un modo strano e sconosciuto, dove tutto è nuovo e diverso: luci, rumori, odori, sensazioni fisiche, cos'altro dovrebbe fare il neonato se non cercare la sua mamma? Per nove mesi è stata il suo mondo, e ancora per un po' sarà il porto sicuro, la fonte primaria di benessere, nutrimento, amore. E allora diciamolo forte e chiaro. No, il nostro neonato non è viziato. E noi non stiamo sbagliando niente. Cullare, allattare, tenere in braccio il proprio bambino non è viziare... è fare la mamma!” 

Giorgia E.Cozza

Celebro

Non ho ancora dimenticato quel dolore.
Ne ho ricordi nettissimi e vivi.
Non ho dimenticato, ma celebro.
Celebro ogni contrazione, ogni tensione, ogni tremore, crampo, fremito, urlo, lacrima e spinta della miracolosa esperienza che ti ha portata nella nostra vita, magica Petra Luna.


Ora ti bacio

Forse arriverà il giorno in cui non ti sentirai capita.
Vorrai i tuoi spazi e quegli spazi non mi includeranno.
Ti arrabbierai con me, userai parole forti.
Mi scoprirai fallibile e imperfetta.
Forse arriverà il giorno in cui sarai confusa, scontenta.
E nell’impegnativo viaggio di collaudo verso la tua autonomia diventerai silenziosa.
Forse custodirai con cautela i tuoi segreti, ergerai un muro tra la realtà che senti cambiare troppo velocemente e le regole della casa che improvvisamente ti andranno strette.
Forse mi giudicherai, mi troverai inopportuna, fuori moda e luogo.
Alzerai la voce, e te ne andrai dalla stanza sbattendo la porta.
Forse.
Per questo ora ti bacio.
Ti annuso.
Ti respiro.
Ti tengo addosso.
Contemplo la tua pelle perfetta.
Ti avvolgo tra le braccia.
Ti guardo dormire e ti disturbo facendoti le coccole.
Ti ascolto respirare e fare tutti quei versi.
Mi addormento con te.
Ti parlo d’amore. Con amore. Per amore.
Perché mi auguro che qualsiasi sfida tu possa incontrare nella tua brillante vita, una infinita e profonda parte di te sappia ricordare sempre e comunque dove si è radicato e dove risiede il mio amore per te.
Un filo dorato alla volta.
Da cuore a cuore.

❤️💫❤️

Mi piace. Mi piaci.

Mi piace quel tuo sguardo vigile, attento, furbo e innamorato che, riconoscendo la mia voce, mi fissa incantato e mi dona tutta la sua attenzione.
Mi piace parlarti, spiegarti cosa facciamo e
cosa accade.
Mi piace farti ogni giorno l'elenco di tutte le persone che ti amano.
Mi piace dirti grazie quando ci fai riposare, o quando ci permetti di mangiare insieme o tutte le volte che dormi qualche minuto in più o che, da vigile, te ne stai buona sulla tua carrozzina così che possiamo terminare quello che c'è da fare.
Mi piace dirti grazie perché continui ad insegnarmi come devo fare con te e mi permetti di crescere e migliorarmi ogni giorno.
Mi piace chiederti perdono quando non ti soddisfo, o ti disturbo cambiandoti il pannolino, o la tetta arriva con qualche minuto di ritardo o non comprendo il tuo pianto ma sono lì che ti supporto.
Mi piace dirti quanto sei buona, perché non è scontato e so del grande lavoro che stai facendo da quando sei qui.
Mi piace dirti che sei brava mentre mangi serena, quando fai il ruttino o quando fai la cacca e la pipì o quando ti lasci lavare il visino e le manine, o quando prendi le vitamine o quando ti fai vestire per uscire.
Mi piace dirti brava anche senza avere un motivo per farlo.
Mi piace dirti che sei gentile, che sei importante, che sei bella, che sei benedetta, che sei intelligente, leale e generosa.
Mi piace che tu veda e sappia quanto io e papà ci amiamo e ti amiamo.
Mi piace ricordarti ogni giorno che sei una bambina Magica.
E che in questa vita farai grandi meraviglie.
Mi piace.
Mi piaci.
Sei gioia Petra Luna. 💎🌙


Tu mi insegni

I tuoi occhi mi insegnano a parlarti dolcemente e a spiegarti le bellezze del mondo.
Il tuo pianto mi insegna ad ascoltarti per soddisfare ogni tua necessità.
Il tuo sonno mi insegna a riposare a comando, perché tra poco avrai ancora bisogno di me.
I tuoi sospiri e i piccoli movimenti mi insegnano ad essere vigile e attenta.
Il tuo profumo di bambina mi insegna a baciarti senza sosta.
La temperatura del tuo corpo mi insegna a coprirti o scoprirti.
Il tuo culetto mi insegna a pulirti, e a prendermi cura di te.
Le tue veglie silenziose mi insegnano a occuparmi della casa in poco tempo.
La tua testa che ciondola mi insegna a sorreggerti e sostenerti.
La tua pelle morbida e perfetta mi insegna ad accarezzarti.
Le tue manine mi insegnano a lasciarmi stringere.
La tua bocca che cerca il mio seno mi insegna quando hai fame.
E poi...
poi mi insegni ad avere paura, per ogni piccola sciocchezza, o verso strano o apparente anomalia... affinché io impari in fretta ad essere coraggiosa.
Ti amo Petra Luna 💎🌙 e amo tanto anche il tuo papà che sta affrontando insieme a me questa avventura a dir poco sorprendente.

Una settimana di te

Una settimana di te.
Una settimana di vita rivoluzionaria, diversa, emozionante, impegnativa, unica.
In soli 7 giorni, fresca creatura di questo mondo, papà ed io abbiamo imparato tantissimo dalla relazione con te, così come già tu hai assimilato decine e decine di novità.
È sorprendente vedere quanto sei sapiente.
È commovente guardare nei tuoi occhi e comprendere il riflesso dei due mondi, quello da cui vieni e quello in cui sei arrivata.
So che anche tu ci vedi, riconosci le nostre essenze, sai delle nostre storie, ci fai sentire scelti.
Siamo i tuoi genitori.
Dicono che il dolore del parto si dimentichi per lasciare posto alla meraviglia e alla pura gratificazione.
Io non voglio dimenticare.
Perché aver superato quelle ore di dolore così naturale, straziante, necessario (e tutto quello che ne consegue dopo), mi ricorderà sempre che posso farcela con te.
Che posso fare di più, che posso farlo meglio.
Che ne sono capace, che ne ho la forza.
Che le pietre preziose hanno un prezzo.
Che il prezzo da pagare vale la pena.
Che determinati step sono propedeutici a poter chiudere dietro di sé un cancello e procedere così a una nuova fase della vita.
Che posso contare su sagge e potenti risorse, non solo come fa un atleta, non solo come fa un coach.
Ma come fa una Madre, detentrice di amore incondizionato e di competenti gesti antichi.

Tornare a casa

Tornare a casa.
Non è come dopo un torneo andato bene, quando trovi un pensiero ad accoglierti.
Non è come rientrare tra le braccia della persona amata dopo un corso durato qualche giorno.
Non è come essere felici per aver comprato una meravigliosa orchidea, un bonsai, o un cactus per dare linfa al tuo salotto.
Non è come sorridere mentre metti la giacca nuova nell'armadio dopo averla appena provata per vedere se ti stava bene come in camerino.
Non è come posizionare quell'oggetto che hai scelto con cura e amore per arredare la tua stanza.
È portare a Casa TUA FIGLIA per la prima volta.
Tua figlia.
E insieme a lei, imparare a fare tutto. Da capo.
Ce ne siamo andati qualche sera fa come coppia, pronti e affiatati per affrontare il parto insieme.
Siamo tornati a Casa come Famiglia, impreparati ma a disposizione dell'Amore per fare del nostro meglio.
Incredibile.

Benvenuta figlia mia

All'ospedale avrei voluto partorire in acqua, per rendere tutto più dolce e calmo.
Avrei voluto mettere la musica e usare le parole chiave che avevamo deciso affinché Gianluca potesse aiutarmi nei momenti difficili.
Avrei voluto avere con me il mio rosario.
Avrei gradito della buonissima lavanda che avevo messo nel beauty per darmi sollievo.
Mi hanno riempito la vasca e non l'ho nemmeno usata.
Ho passato la maggior parte del tempo del periodo preparatorio in bagno, seduta sulla tazza, aggrappata alla sbarra.
Niente musica, solo silenzio e i miei lamenti.
Il rosario al momento di entrare non lo abbiamo trovato.
Lavanda, idem.
Un Gianluca fantastico, un'ostetrica che si è rivelata essere la voce guida a cui mi sono affidata quando dal limbo del dolore sembravo non poter più riemergere.
Gli occhi chiusi, i pensieri disordinati che mi traghettavano lontano.
Poche conversazioni, tante preghiere, domande, incitamento al mio bambino e qualche espressione colorita.
Mi sono persa, non so dove, in quale luogo.
So solo che faceva male.
Un male nuovo, diverso ogni santa volta, senza regole, nè soluzioni, ma con un motivo che non smettevo mai di ricordare.
So solo che le braccia di tuo padre mi sostenevano, che sempre tuo padre mi dava da bere, mi asciugava il volto madido di sudore, mi diceva "brava" continuamente.
Anche se io brava non mi ci sentivo.
Poi quando tutto sembrava non poter trovare una fine: una cascata calda, uno svuotamento repentino.
Una luce.
Tutti urlavano "Ecco il tuo bambino, apri gli occhi! Guarda! Auguri!"
"Vediamo se è maschio o femmina: è femmina!"
E all'improvviso mi vieni consegnata TU tra le braccia.
Scivolosa, viola, tiepida, stanca di viaggio, sporca di sangue.
Buona, con gli occhi aperti.
Con quel cordone ombelicale che mi è sembrato subito la cosa più vicina al mondo ad una bacchetta magica.
Uno starnuto, due starnuti, tre starnuti di benvenuto.
Io che chiedo a ripetizione "Sta bene? Sta bene? È tutto ok?"
Poi hai piantato i tuoi occhi curiosi su quelli di papà.
E a tale spettacolo sono rimasta incredula e marchiata per la vita.
Sei Petra: solida, vera, gentile, forte, a contatto con la Terra.
Sei fondamento, sei uno spirito impegnato a farsi realtà.
Sei Luna: l'astro luminoso che mi ha fatto innamorare di tuo padre, la connessione con il Cielo e con la tua divinità femminile.
Sei Tescione: l'uomo che mi permette di vivere il sogno d'Amore più bello di una favola.
19 dicembre 2017, ore 2.25: benvenuta qui sulla terra,
Petra Luna Tescione.
Ps: grazie a tutti, siete linfa.


Ostetrica coach

18 dicembre 2017
Ieri avevo il termine della gravidanza, oggi il monitoraggio previsto.
Notte di contrazioni.
Notte di avvicinamento.
Ore 6.50: una lunga doccia calda al risveglio, al profumo di tea three oil e lavanda.
Mi godo il calore del getto sulla pelle, sciacquo via le tensioni: chissà se è l'ultima doccia prima di conoscerci dal vivo.
Ti rassicuro.
Ti amo.
Disegno ripetutamente con l'acqua un sorriso sulla pancia che ti contiene, ti parlo: in qualunque momento tu decida di partire, fai buon viaggio amore nostro.
Mi asciugo con calma, tra una contrazione e l'altra, tra una smorfia ed un respiro.
Mi sorrido allo specchio.
Faccio la piastra, un trucco leggero, voglio essere a posto per il mio appuntamento importante.
Vado in cucina, papà mi ha preparato una colazione sana.
Ci diamo il cambio in bagno, e mentre lui è in doccia leggo la lettera d'amore che ha scritto per me.
Quanta verità nelle sue parole, quanta sincerità!
È un momento davvero straordinario e unico per entrambi. Indimenticabile.
Ore 8.30: Arriviamo in ospedale.
Incontro altre mamme oltre il termine.
Nelle loro parole, così come nelle espressioni e nel corpo, la stanchezza mista al desiderio di tenere il proprio bambino tra le braccia.
Attendo il mio turno, passo dall'ostetrica che compila la mia cartella clinica alla visita con la ginecologa.
È Donna.
Dovrei essere rassicurata, dovrei sentirmi accolta, capita, al sicuro... invece mi rendo conto che a causa della mia esperienza personale, sono un pochino prevenuta. Prediligo la figura maschile in questo ruolo, gli uomini sono stati molto più delicati con me.
Mi visita e mi fa male, malissimo.
Glielo faccio notare.
Mi dice che è normale, che deve farlo, quando so che non è vero, che può essere molto più dolce.
E per tutta risposta mi chiede se ho fatto la visita con l'anestesista per l'epidurale.
"No, abbiamo scelto di non farla."
Mi guarda con disprezzo, e osserva che avrei dovuto fare almeno la visita (per poi decidere se usarla o meno all'occorrenza), perché se ho male già così, figuriamoci durante il parto!
Gianluca le consiglia di fare un corso di comunicazione.
Io mi zittisco, dopo averle fatto con un sorriso amaro una battuta sull'empatia volata altissima, come la proposta del corso.
Esco dallo studio perplessa.
Mi sento invasa, non rispettata.
Gianluca mi guarda, e so cosa pensa.
Torno dall'ostetrica per terminare la prassi (anche lei presente nei frangenti di qualche minuto prima) che con uno splendido lavoro degno del migliore dei Coach mi ristruttura la situazione appena accaduta.
Mi descrive tutti i vantaggi del parto naturale, mi spiega il significato propedeutico del dolore durante travaglio e parto e, soprattutto, mi mette nello stato d'animo di chi ha e acquisisce nel cammino le risorse per farcela.
Mi dice che per l'80% il parto è una questione di testa.
Ogni madre, per diventare davvero madre, deve passare di lì.
Qualunque modalità il processo preveda per lei, quella è la sua prova.
È stata meravigliosa.
Una Donna ha bisogno di sostegno.
Non di medicine.
Una Donna ha bisogno di fiducia.
Non di soluzioni.
Una Donna sa già cosa fare, e se non lo sa, Madre Natura le dona l'opportunità di impararlo sul campo.
In questa vita che nasce è contenuto l'universo intero.
Ps: sono tornata a casa.
Attendiamo

Profumi d'Amore

"La scintilla dell'evoluzione ha acceso il fuoco, il seme è depositato nella terra, rimane l'attesa di vederlo crescere, sbocciare, apparire, l'attesa che l'invisibile si renda concreto.
Poi tutto si condensa, divampa, ti travolge, ti chiama.
Si infuoca di rosso sangue.
Il figlio appare, carne della tua carne accendendo memorie lontane.
Ti fai terra per accoglierlo, fuoco per proteggerlo, acqua per amarlo, aria per guidarlo.
Lo moltiplichi e ti espandi, moltiplicando la tua forza, nel farti guida e mediatore tra lui, loro e il mondo in un abbraccio universale."
Verena Schmid
Sogniamo di te.
E mescoliamo i nostri profumi d'Amore, per farti sentire subito a Casa.


L'attesa di una madre

Se ho maturato una certezza durante questa gravidanza è che una madre impara ad attendere.
Per forza.
Mentre il mondo fuori va a gran velocità e ti semina.
La vita corre e corre.
Tu invece ti impossessi per la prima volta dopo anni del concetto di frenare fino a fermarti.
E ti costa una gran fatica, a te che sei sempre stata attiva, dinamica e protagonista della tua vita.
Solo che gli altri non lo sanno.
O meglio, lo vedono, razionalmente ne sono consapevoli, lo trovano giusto, naturale, ti esortano a farlo, ma non lo possono fare insieme a te.
Anche chi ti ama fatica a comprendere l'importanza del semplice "stare" accanto ad una donna incinta.
Del fare piano, con calma, del parlare meno, quasi sottovoce.
Del diradare gli impegni.
Dei nuovi tempi dilatati.
Chi ti vive nella nuova dimensione ha la sensazione di perdere tempo, si annoia anche, perché là fuori ci sono mille cose da fare.
E non si può restare indietro.
C'è urgenza.
C'è frenesia.
Mentre per una quasi mamma, ormai stanca perché alla fine, le cose importanti diventano sempre meno.
Per una quasi mamma, tutto questo tempo di attesa è necessario.
È necessario per innamorarsi del suo bambino, per dargli il tempo di essere pronto.
Per fornirgli uno spazio.
Che prima non c'era.
Per dare a lei stessa il tempo di essere pronta.
Per capire che è giunto il momento di separarsi dalla sua amata ed impegnativa pancia.
Per dedicarsi solo a sé ed entrare in sintonia con il suo ritmo interiore.
Per farla abituare a questa nuova temporanea passività che poi si trasformerà in piena vita.
Per riposare prima della grande maratona che la aspetta.
Tutti si entusiasmano per la novità, tutti si preoccupano che tu stia ok e che il bambino stia bene.
Tutti ti offrono aiuto, ti chiedono come procede, dispensano consigli, vogliono sapere le ultime novità.
Poi, quando sono in tua compagnia, non sanno "stare".
Semplicemente "stare".
E vogliono parlare, dirti la loro, fare cose, soddisfare bisogni.
Non sono disposti ad andare al tuo passo... che soprattutto alla fine deve essere lento, ritmico, intimo... mentre ti trasformi senza sosta, impercettibilmente ed inesorabilmente danzando con il tuo nuovo movimento interiore.
Come l'acqua.
Che non è mai ferma nemmeno quando la sua superficie sembra piatta e immobile. Ma si muove e scorre, soggetta ad una forza che la trascina.
Una donna in gravidanza non è malata, quindi può fare (quasi) tutto.
Una donna in gravidanza non ha bisogno di regali, nè di consigli non richiesti, nè di storie di travagli, complicazioni e fatiche.
Una donna in gravidanza necessita di rispetto per il sacro tempo con sè stessa, e di presenza.
La presenza di chi la ama, che la conforta con uno sguardo e la contiene in un abbraccio.
Non per chi è, o cosa è stata, o per gli errori che ha commesso.
Ma per quello che fa adesso e per il compito sacro che sta svolgendo come traghettatrice di Vita.
Solo per questo, merita l'Amore.