Durante le sessioni di coaching con gli adolescenti mi capita di mostrare la scatola di legno che contiene le mie medaglie.
Non lo faccio per egocentrismo, ma perché i giovani, oggi più che mai, vogliono sapere la verità.
Chiedo loro di guardarle con attenzione, di metterci dentro le mani, di sentirle, di notare le differenze tra le forme, i colori, le consistenze.
Chiedo loro di viverle per qualche istante e di ascoltare cosa comunicano.
Alcuni le indossano per conoscerle a fondo.
- “Che cosa rappresentano secondo te queste medaglie?”
La prima superficiale risposta generalmente è:
- “Successo, vittorie, soddisfazione.
Sono tante...”
- “Ok... dimmi di più: cosa c’è dietro queste medaglie? Cosa raccontano?”
- “Beh... Lavoro, passione, fatica... sacrificio.”
Sí.
E sconfitte, delusioni, solitudine, dubbi, paure, sbagli.
Le medaglie raccontano storie di “persone” prima che atleti.
Storie di ragazzi e ragazze, prima che di uomini e donne.
Storie di insicuri, timidi, spaventati prima che di sicuri, fieri e orgogliosi.
Nessuno vince senza avere perso.
E spesso si perde molto di più di quanto si vinca.
Ma serve.
Perdere è un’esperienza preziosa che ti mette di fronte ad una doppia scelta:
1. Mollare
2. Insistere fino a che ottieni un risultato migliore.
La decisione che prendi ogni volta che sei dinnanzi a questo bivio, determina la persona che diventi.
A prescindere dalle difficoltà, TU puoi farcela.
Sei un Campione.
Perdere fa curriculum, ma solo quando hai il coraggio di scartare il regalo che ti lascia.
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